Cultura

“Peppino amore mio”: in un libro Léontine racconta la sua vita con De Nittis

La Redazione
L'ultimo libro di Michele Cristallo edito da Rotas
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In questi giorni Michele Cristallo ci ha fatto una gradita strenna, la biografia di Léontine dedicata a “Peppino amore mio”, edito dalla Rotas e prefazione di Lino Patruno. Cristallo è un profondo conoscitore del nostro grande artista al quale ha dedicato già una biografia (“Giuseppe De Nittis dall’Ofanto alla Senna”, Adda editore 1996) e un gran numero di articoli specialmente negli anni Ottanta, in occasione del Centenario della sua morte. Questa volta la biografia è dedicata alla sua compagna, Léontine, che nell’esposizione racconta la sua esperienza, una sorta di viaggio nei quindici meravigliosi anni vissuti dalla coppia.

Diviso in due parti, la prima è dedicata alla vita trascorsa insieme. Léontine ci accompagna nel suo percorso dal giorno della loro conoscenza e quindi del loro matrimonio (1868-69) fino alla dolorosa e prematura fine dell’amato compagno.

Léontine ci conduce così alla ricostruzione del loro intensissimo ménage, a Parigi innanzitutto nelle loro diverse abitazioni (a Bougival in rue de Versaille, in rue Lepic, nella villetta alla Jonchère, in rue dell’Imperatrice, in rue Viète e nella residenza estiva di Saint Germain en Laye), facendoci rivivere le intense serate – da lei organizzate – del sabato sera (le samedi de l’amitié, il sabato dell’amicizia) con gli ospiti delle più belle compagnie parigine del tempo (Degas, Dumas, Daudet, De Gouncourt, Claretie, Cecioni e tanti altri). Lui stesso e la compagna ospiti dei più ricercati salotti parigini, come quello della principessa Matilde. Al contrario di altre biografie, questa s’intriga in stuzzichevoli retroscena, pettegolezzi, insomma nelle curiosità della vita di tutti i giorni. E ci sono scampoli di indiscrezioni che Léontine fa intravedere sul suo Peppino, ma che poi chiude con discrezione. Di una circostanza non ci sono dubbi, sul grande amore che legava Peppino e Léontine, un amore che non appassirà nel tempo, ma verrà sempre alimentato da un costante corteggiamento, di cui restano tracce evidenti nella fitta amorosa corrispondenza fra i due, in quelle rare occasioni in cui il lavoro di lui doveva tenerlo lontano da Parigi, come nei suoi viaggi a Londra. Insomma la lettura di un romanzo autobiografico, una rilettura del famoso Taccuino, arricchito da un gran numero di fotografie, che ne segnano sia i personaggi che le tele fra le più belle del nostro grande artista.

Ricco di storia, il testo è però anche uno spaccato della vita della grande metropoli francese, intorno alla seconda metà dell’Ottocento artistico parigino, sul quale De Nittis è tra i più vivaci protagonisti, artista apprezzatissimo per le sue opere. Il racconto di Léontine apre una finestra sulla Parigi bella e frivola, capitale della cultura e dell’arte del suo tempo. Una leggenda artistica di anni irripetibili – come ha chiosato Lino Patruno nella sua introduzione al volume – nelle luci di una splendida città come Parigi.

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Nella seconda parte, Cristallo ricostruisce la cronaca di quasi un secolo, dal 1913 al 2006, cioè dall’atto notarile con cui Léontine dispone nel suo testamento di donare la quadreria del marito al Comune di Barletta, fino alla sua collocazione definitiva a Palazzo della Marra. Ed è del tutto evidente di come Léontine si sia sacrificata negli anni dolorosi della sua vedovanza, pur di non impoverire la collezione che avrebbe donato alla città di Barletta. In modo particolare gli ultimi anni, i suoi assidui contatti con gli amici che non l’avrebbero abbandonata, in particolare Degas e Dumas, ma nel racconto trova posto anche il barlettano Raffaele Girondi, che per primo, a Parigi, le fece intravedere la possibilità di una cospicua donazione, quando le comunicò che a Barletta il Comune stava cercando di fondare un Museo intitolandolo al suo grande figlio. E infatti fu già in quella circostanza che Léontine donò i primi due quadri alla città del marito. E poi gli intensi rapporti intrattenuti, alla fine, con Vittorio Pica e Angelo Sommaruga. Pica, il primo biografo di De Nittis, organizzatore della mostra internazionale d’arte di Venezia del 1914, e Angelo Sommaruga, il mercante d’arte che contribuì al rilancio dell’immagine del pittore.

Alla mostra di Venezia De Nittis fu l’unico ad avere due sale per l’esposizione dei suoi quadri più famosi. Grande differenza tra i primi tre lustri nei quali Titine aveva vissuto una vita da favola, e gli ultimi trent’anni in cui la sua vita si era svolta in una malinconica tristezza, nel ricordo del suo grande amore. E tuttavia rischiarata dalla brillante carriera del figliolo Jacques, finché una perniciosa bronchite se l’era portato via, al culmine di una breve ma intensa esperienza di scrittore scientifico. Lei pure, aveva attenuato la sua tristezza con la scrittura di alcune esperienze letterarie, tre romanzi e qualche commedia. Specialmente il suo secondo romanzo ebbe un qualche successo (fu recensito da Anatole France) e la scrittura del Taccuino, un’autobiografia attribuita al marito, ma che fu subito chiaro essere stato scritto da lei, che aveva persino vinto un primo premio. Insomma un testo autobiografico che lascerà un segno – ne siamo sicuri – nella pur ricca bibliografia denittisiana.

 

Renato Russo

 

 

 

 

sabato 23 Gennaio 2021

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