Altri Sport

Tennistavolo, si profila una stagione surreale

Cosimo Sguera
Ostacoli burocratici impediscono la ripresa dell'attività
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Sono trascorsi oltre sette mesi dall’inizio di quel mesto periodo, tristemente noto a tutti con l’inglesismo (abusato) lockdown.Sono trascorsi sette mesi dallo stop brusco e doloroso di tutte le attivita’ sportive. Sono trascorsi oltre sette mesi dalla chiusura di tutti gli immobili (pubblici e privati) adibiti ad uso sportivo.

Il tempo, come e’ noto, scorre inesorabilmente e
porta via ogni cosa, bella o brutta che sia, lasciando ricordi,
rimpianti, delusioni, speranze. Lo sport italiano tutto, in particolar
modo quello dilettantistico (lontano dai riflettori oltreche’ dalle
cifre astronomiche legate al calcio) ha pagato e sta ancora pagando un
prezzo altissimo, ha pagato e sta ancora pagando la tragica consecutio
di una pandemia che ha causato morte, sconforto, incredulita’, panico,
pessimismo e, tanto per cambiare, impoverimento.

Il
tennistavolo, icona pregiata del dilettantismo sportivo nazionale, e’
stata una di quelle discipline maggiormente danneggiate dall’emergenza
sanitaria.
Inizialmente “risparmiato” dai primi provvedimenti
restrittivi in quanto considerato sport privo di contatto (due
giocatori, sia in allenamento che in gara, sono “adeguatamente
distanziati” dalla lunghezza del tavolo che misura m. 2.74), la
disciplina universalmente conosciuta come ping – pong e’ finita nel
calderone unitamente a tutti gli altri sports, vivendo due mesi e mezzo
di autentico terrore. Al termine di quell’arco temporale non poche
societa’ italiane, messe letteralmente in ginocchio dalla prolungata
interruzione dell’attivita’ e dalla conseguente perdita delle quote
mensili di frequenza, non potendo contare su altri introiti, sono state
costrette a “chiudere”, gettando alle ortiche anni di sacrifici, di
gratificazioni, di dedizione, di impegno sociale.I sodalizi
sopravvissuti alla tragedia sanitaria hanno raccolto le residue energie,
hanno dovuto ridimensionare la programmazione della loro attivita’ e
hanno sollecitato gli organi preposti a riaprire le strutture ove potere
riprendere la necessaria preparazione. Via Crucis giunta al termine?
Assolutamente no.

Esaurito il lockdown, anche il
tennistavolo ha legittimamente coltivato la speranza di potere
riaccendere i motori, tenuti spenti per troppo tempo. Ad alimentare
questa speranza (vana) ci penso’ il Ministro dello Sport Vincenzo
Spadafora che, all’interno del Decreto emanato lo scorso 18 maggio,
dispose la riapertura delle palestre (sia pubbliche che private) a
partire dal 26 maggio. Al Decreto teste’ menzionato segui’ un’Ordinanza
Regionale emanata dal Presidente Michele Emiliano, ordinanza che ribadi’
la riapertura, nella data prima citata, di tutti gli impianti adibiti
ad uso sportivo.Quando la soluzione sembrava profilarsi all’orizzonte,
entro’ in scena la “malefica burocrazia” che rimise tutto in
discussione.Qualche esimio esponente della Pubblica Amministrazione,
mirabilmente supportato dalle istituzioni scolastiche, tiro’ fuori dal
cilindro l’adempimento piu’ nocivo per l’associazionismo dilettantistico
italiano : la sanificazione degli impianti sportivi.In men che non si
dica ebbe inizio una grottesca disputa tra il microcosmo politico e
quello scolastico in merito all’onere or ora menzionato.Come spesso
accade in casi siffatti, a fare le spese in questi rimpalli di
responsabilita’ e’ sempre la parte piu’ vulnerabile.In sintesi: non
disponendo di adeguate risorse finanziarie, tanto gli Enti locali quanto
la scuola ritennero opportuno addebitare l’esorbitante costo della
sanificazione alle a.s.d., ovvero a quegli organismi gia’ ridotti allo
stremo delle forze economiche da mesi di sosta forzata. Inconcepibile,
assolutamente insostenibile un onere siffatto da parte dei sodalizi
sportivi di tennistavolo, non solo impoveriti dal Coronavirus ma
storicamente poco abbienti e sprovvisti (in gran parte) di sponsors.Per
tentare di superare quello che sembrava essere un ostacolo di
inequivocabile insormontabilita’, si tento’ di fare notare alle
Autorita’ preposte (Comuni, Province, Regioni) che quello della
sanificazione e’ un onere spettante agli Enti proprietari degli immobili
adibiti ad uso sportivo
e non invece ai soggetti fruitori degli stessi (
mediante concessione in uso e pagamento di un ticket orario).

La
precisazione non ha sortito l’effetto sperato e in alcuni Comuni
d’Italia (tra i quali la Citta’ di Barletta) la sanificazione, piu’ che
un atto finalizzato alla salvaguardia della salute pubblica, e’
diventato un confortevole prestesto per non adempiere e per ritardare
ancora la ripartenza dell’associazionismo sportivo dilettantistico. Tra
le vittime sacrificali della pessima gestione degli impianti sportivi
comunali (palestre e palazzetti dello sport) va annoverata la
Polisportiva Dilettantistica ASI Barletta, storica associazione
pongistica che tra soli 9 mesi festeggera’ ben 40 anni d’ininterrotta e
gloriosa attivita’ agonistica,
sia a livello nazionale che
regionale. Nonostante il club barlettano abbia inviato all’Ufficio Sport
del Comune (entro i termini stabiliti) il protocollo anti – Covid
(redatto dalla Federazione Italiana Tennistavolo, in collaborazione con
il CONI e con il Comitato Tecnico Scientifico), unico documento al quale
il sodalizio pongistico e’ tenuto ad attenersi scrupolosamente,
l’Autorita’ Comunale condiziona la relativa autorizzazione alla
produzione (da parte dell’ASI Barletta) di un documento integrativo (
ovvero di un altro protocollo) rilasciato da un Tecnico Covid. Sic rebus
stantibus, e’ quanto mai opportuno chiedersi: perche’ l’Ufficio Sport
minimizza il valore legale del Protocollo federale trasmesso dal
sodalizio pongistico e pretende un documento similare per la cui
produzione l’ASI Barletta dovrebbe sopportare un elevato costo? Perche’
si vuole infierire su una realta’ associativa, gia’ fiaccata da sette
mesi di totale inattivita’? Perche’ l’Autorita’ preposta, cosi’ come
accaduto in molti Comuni d’Italia, non esonera tutte le a.s.d. dal
pagamento del ticket per l’utilizzo degli impianti sportivi nella
corrente stagione agonistica? Perche’ l’Organo competente non eroga un
contributo a fondo perduto (d’importo sia pure simbolico) a favore di
tutte le associazioni sportive dilettantistiche locali (tra le quali
anche quella di tennistavolo) per risarcirle ,sia pure parzialmente,
degli incommensurabili danni subiti dalla pandemia?

Sono tanti, forse troppi gli interrogativi ai quali l’Autorita’ Comunale deve dare risposte rassicuranti e credibili. Perche’?

Perche’
la storia gloriosa di un sodalizio sportivo, come quello targato ASI
Barletta, non puo’ essere imbrattata dall’indifferenza,
dall’incompetenza o, peggio ancora, dalla demagogia.

A mali estremi bisogna contrapporre rimedi estremi, non ostacoli burocratici.

giovedì 15 Ottobre 2020

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