Le nostre relazioni, ma noi due chi siamo o chi siamo diventati? E quali legami abbiamo consolidato?

Marilù Liso e Saverio Costantino
Il mondo che viviamo è sempre più liquido, perdiamo i riti, perdiamo i simboli e perdiamo la consistenza delle cose. La conseguenza più logica è l'instabilità emotiva, di cui tanto ci lamentiamo, ma ancora non ci indigniamo
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Le relazioni sono tutto. E niente è ormai più come prima. In ogni nostro discorso, in ogni nostro pensiero si parla di relazioni, le persone sono legate da relazioni capaci di unire o di dividere. Relazioni reali, relazioni virtuali, relazioni deboli o relazioni forti, benefiche o tossiche, relazioni esclusive o relazioni inquinate. L’immaturità affettiva oggi è molto diffusa.

Ma come sono cambiate le relazioni in questi anni? Come siamo diventati noi che nelle relazioni viviamo spesso un miscuglio di sentimenti, emozioni, passioni?

Sono le relazioni che abbiamo, il nostro modo di viverle e di renderle “di qualità”, se ci pensiamo un po’, quasi a determinare il nostro posto in questo mondo.

E’ chiaro come in una relazione il tempo dedicato per costruirsi, capirsi, per creare e fissare dei riti per potersi unire sia fondamentale; ci vuole davvero del tempo dedicato per “tenere in ordine” una relazione. Spesso ci comportiamo come se di fronte a noi ci fosse qualcuno che sta disturbando il nostro percorso e, cosa più facile, quel qualcuno va allontanato. E allora dove sono finiti i sacrifici, dove è scappata la voglia di costruire qualcosa di saldo con l’altro? Non è forse la coppia un vero e proprio incastro di due mondi interni?

In una società con tratti bordeline è difficile definire i confini; c’è ambiguità anche nel definire le relazioni che, ormai, non hanno un linguaggio chiaro. Cosa significa “sto frequentando una persona”? E cosa vorrà dire quel “è solo un’amica”, quando in realtà si va ben oltre l’amicizia?

I “si” diventano “no”, i ruoli educativi spesso sono confusi con una complicità alla pari con i propri figli, abbiamo adolescenti adulti e adulti che si comportano da adolescenti; i docenti spesso sono individuati non come figure autorevoli a tutela di un percorso, ma vengono messi in discussione proprio da genitori collusi con i propri figli. Ovviamente tutto questo desta non poca confusione che permette a contenuti ambigui di infilarsi negli spazi di relazione.

Nel nostro percorso professionale molte coppie si rivolgono a noi, coppie in crisi, coppie alla ricerca di un nuovo modo di viversi e di stare insieme, coppie deluse dal mondo in cui hanno gestito situazioni difficili, coppie che vivono situazioni paralizzanti, ma che non sono in grado di cambiare.

Molte non sono già più coppia quando arrivano alla nostra osservazione ed è chiaro dal modo in cui si presentano, ognuno per conto proprio, il citofono suona due volte ed entrano due persone che in comune forse non hanno già più nulla.

Probabilmente lo sbaglio più grosso è quello di andare dallo psicoterapeuta quasi come se fosse quella famosa ultima spiaggia; molti, infatti, esordiscono con “le abbiamo provate tutte e adesso siamo qua”. Purtroppo spesso però queste coppie non hanno parlato con nessuno delle loro difficoltà, neanche tra loro lo hanno fatto; spesso hanno smesso di cercarsi e di conoscersi, impegnate com’erano  a dare un’immagine di “coppia perfetta”. Non tutte le coppie giungono in maniera spontanea, spesso la spinta è data da un figlio che presenta problemi, ma il problema appare subito chiaro che non appartiene al figlio.

Giunte finalmente in psicoterapia, spesso le coppie ci rivelano che lo studio è per loro un “luogo sicuro”, quello in cui emotivamente e mentalmente si sentono protetti, quello in cui poter esprimere ad alta voce o urlare i propri pensieri, le proprie differenze; tirano fuori tutta la paura di sentirsi travolti dai problemi che stanno vivendo o semplicemente dalla noia che vivono. La noia, quando non è un elemento costante, in realtà non è pericolosa, ma anzi ci mette in contatto con quelli che sono i nostri desideri, i nostri bisogni più profondi. Ed è proprio a questi bisogni che dobbiamo dar voce.

Alla nostra osservazione giungono molto spesso relazioni instabili che oscillano tra il desiderio di tenere legato a sé il partner in un coinvolgimento totale e l’incapacità di vivere una relazione sana. Ma c’è ancora qualcuno che scommette nei legami? C’è ancora qualcuno che crede nell’importanza dei riti? Il rito dell’incontro, della conoscenza, del fidanzamento, dell’incontro tra i genitori, il rito del matrimonio…continueremmo all’infinito. Molti si rapportano alle relazioni come dei semplici “utilizzatori”, un continuo “mordi e fuggi”. Oggi consumiamo tutto: cose ed emozioni.

I riti, invece, ci salvano dalle distorsioni, ci aiutano a fissare nella nostra mente immagini e momenti che danno un senso profondo ed intimo alla nostra vita.

Il mondo che viviamo è sempre più liquido, perdiamo i riti, perdiamo i simboli e perdiamo la consistenza delle cose. La conseguenza più logica è l’instabilità emotiva, di cui tanto ci lamentiamo, ma ancora non ci indigniamo. Nei riti passiamo dall’Io al Noi, passiamo dal “tutto per me” al “tutto per noi”, sigillando legami e riunendo le persone.

La pandemia, poi, ha allentato e sgangherato ancora di più le relazioni e lo ha fatto colpendoci nei nostri spazi, nei nostri tempi, nei nostri progetti, rendendoci in molti casi solitudini vaganti. Questo è il tempo della riscoperta di noi stessi, della riscoperta della gentilezza e della delicatezza verso le persone, verso le cose, verso tutto ciò che è capace di aiutarci a creare relazioni che ci rendano felici.

Marilù Liso (Psichiatra) – Saverio Costantino (Psicologo-Psicoterapeuta)

venerdì 21 Gennaio 2022

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