Giuseppe Laboragine nasce a Barletta il 18 marzo 1921, in Vico S. Antonio Abate, da Michele e Angela Capurso. Lavora come operaio fino all’arruolamento volontario nell’Arma dei Carabinieri. All’indomani dell’armistizio dell’ 8 settembre 1943 decide di non aderire alla Repubblica di Salò e al nazifascismo, entrando a far parte dal 7 maggio 1944 della 1ª Brigata d’assalto”Matteotti” della Divisione Monte Grappa. Nel settembre del 1944, Giuseppe e la sua Brigata vengono coinvolti in un grande rastrellamento, ad opera di circa 8.000 soldati nazifascisti , volontari ucraini e cosacchi.
Le formazioni partigiane sul Monte Grappa
Il Grappa è un massiccio delle Prealpi venete – suddiviso fra le provincie di Vicenza, Treviso e Belluno – che raggiunge i 1775 metri di altezza. Le forze partigiane presenti sul Grappa:Brigata Italia libera «Campocroce»; Brigata Italia Libera «Arche son»; Battaglioni garibaldini della Brigata «Gramsci»; 40 carabinieri; militari britannici ed ex-prigionieri fuggiti dai campi di concentramento di Padova e Treviso dopo l’ 8 settembre. La più organizzata e armata è la brigata “G. Matteotti” (di cui fa parte Giuseppe Laboragine): circa 500 uomini, agli ordini del capitano Angelo Pasini; per un totale di 1.200 uomini.
I partigiani che provengono dal disciolto regio esercito sono addestrati, invece i più giovani, in gran parte renitenti alla leva repubblichina, sono impreparati e indisciplinati. Molti contadini anche giovanissimi ( 15 o 16 anni) fuggono dalle vallate per paura dei tedeschi e si uniscono ai partigiani, ma sono disarmati e inesperti.
L’operazione “Piave” e le forze nazifasciste
Fu un grande rastrellamento ordinato dall’alto comando tedesco nel settembre 1944, per eliminare le formazioni partigiane operative sul monte Grappa e mettere fine alle azioni di sabotaggio e agli attentati alle linee ferroviarie delle vallate del Piave e del Brenta, che ostacolavano il traffico per il fronte. A capo dell’operazione c’era il generale Brunner, capo delle SS delle province di Trento, Belluno e Bolzano, che erano considerate territorio tedesco. Alle 5 di mattina del 21 settembre 1944, inizia il rastrellamento con 8.000 uomini disposti intorno alla montagna, dei quali 5.000 tedeschi, volontari ucraini, cosacchi e 3.000 fascisti italiani. Questi ultimi erano: la legione “M” Tagliamento; le Brigate nere di Treviso; la Xª MAS; il Corpo di Sicurezza trentino incorporato nell’esercito tedesco. Il rastrellamento è opera di unità della Wehrmacht, delle SS, delle Alpenjäger provenienti da Roncegno (Tn), di reparti della polizia trentina, del reggimento “Bozen”. In appoggio, per allestire i numerosi posti di blocco, intervengono le Brigate Nere di Vicenza e Treviso. I piani d’attacco prevedono che l’offensiva sia sostenuta dai reparti tedeschi e ucraini; le Brigate Nere dovranno soprattutto impedire ogni via di fuga ai partigiani. Le informazioni in possesso dei comandi tedesco e fascista sono state ottenute nelle settimane precedenti, estorte con la tortura e mediante una continua opera di infiltrazione di spie e informatori.
Gli armamenti
L’armamento delle formazioni partigiane è in gran parte il risultato di furti da caserme e di alcuni rifornimenti paracadutati dagli alleati, per cui soltanto il 70% degli effettivi presenti sul Grappa è in grado di sostenere uno scontro con il nemico. Le dotazioni sono di tipo leggero: poche mitragliatrici, carabine, fucili, bombe a mano. Abbonda l’esplosivo plastico, prelevato da polveriere e depositi della zona. Le scorte di munizioni permettono di resistere per mezza giornata. I viveri provengono dal fondovalle e sono portati su con muli o con camion. Gli uomini alloggiano sotto le tende o all’interno dei fienili e dei ricoveri delle tante case e malghe, sparse per la montagna. I collegamenti radio sono pochi. Al contrario, l’armamento delle truppe nazifasciste è completo di cannoni, mortai, autoblindo, mitragliatrici pesanti e lanciafiamme.
L’attacco e la sconfitta delle formazioni partigiane
L’attacco delle truppe tedesche ha inizio alle ore 6.30 del 20 settembre dal versante est, dopo un bombardamento intenso di mortai e batterie, collocate intorno alla montagna. I nazifascisti circondano il Grappa con gruppi di militari specializzati in contro – guerriglia, dotati di cannoni da contraerea di 88 mm, i quali sparavano al minuto 20 proiettili (ognuno di essi conteneva ben. 12 kg di esplosivo) a una distanza di 12 km . Iniziano a «martellare» e dopo un’ora di fuoco, distruggono le postazioni partigiane, seminando panico e scompiglio fra le formazioni. Dopo quell’ora di bombardamento, le forze nazifasciste stringono la montagna in una morsa. I partigiani esauriscono le munizioni e alle ore 13, il comandante Pasini invia ai battaglioni, tramite staffette, il seguente messaggio: «Sono costretto a dare il si salvi chi può!».
I massacri e il conteggio dei caduti
In poche ore, si conclude l’azione militare e inizia il massacro. I partigiani si ritirano in piccoli gruppi, tentando di sfuggire ai rastrellatori. Alcuni vengono uccisi subito (anche arsi vivi coi lanciafiamme), altri catturati e fucilati o impiccati coi loro comandanti, in tutti i paesi che circondano il Grappa, dopo violenze e torture. In queste azioni efferate si distinsero le SS italiane (fascisti specializzati con un corso di addestramento in una caserma vicino a Bassano del Grappa). Alla fine del massacro il numero di vittime fra partigiani e civili caduti in combattimento fu di 260 impiccati o fucilati (fra cui 4 donne di cui una incinta e ragazzini, contadini); 250 deportati che non hanno più fatto ritorno; un numero imprecisato di persone inviate ai campi di lavoro in Italia. !». Con ogni probabilità, Giuseppe Laboragine riesce a fuggire fino a Crespano del Grappa, ed in questo paese si perdono le sue tracce dal 29 settembre. Il numero di caduti di vittime fra le forze nazifasciste: 4 morti e 12 feriti della Brigata Tagliamento. Sul monte Grappa, a fine guerra, è stato edificato un monumento a ricordo di questa battaglia.
Si ringrazia il prof. Roberto Tarantino, presidente onorario del Comitato Provinciale Anpi Bat “A. Mascherini e F. Gammarota”.
QUI, pubblichiamo gli elenchi dei partigiani e soldati barlettani caduti e dispersi durante la guerra di liberazione.