Il ricordo

Il compositore barlettano Francesco Lotoro ricorda Hanuš Weber, che andò via su un treno

Francesco Lotoro e Hanuš Weber
Scomparso nel settembre 2021, era il figlio maggiore della scrittrice e musicista ebrea Ilse Weber: nessun giornale ne ha dato notizia. A raccontarci la sua vita è il Maestro Francesco Lotoro.
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Morto 90enne in una casa di riposo di Stoccolma durante gli ultimi pesanti colpi di coda del Covid-19, non un necrologio su magazine o sulla rete né un giornalista che scrivesse di lui; nulla si sa del suo solitario trapasso mentre, nel suo stupido algoritmo, internet scrive di lui come se fosse vivo tanto che gli attribuisce 93 anni ossia quanti ne avrebbe oggi.

Sto parlando del mio caro amico Hanuš Weber, nato a Praga il 1° gennaio 1931 e deceduto il 14 settembre 2021 nella capitale svedese, figlio sopravvissuto della scrittrice e musicista ebrea morava Ilse Weber nata Herlinger; le spoglie del povero Hanuš riposano accanto a quelle di suo padre Vilém nel cimitero ebraico di Solna (Stoccolma) presso la Sodra Begravningkyrkogård.
Ci son voluti giorni di ricerca con gli amici svedesi Anders e Sonia Bovin per rintracciarne la tomba.

La storia di Hanuš e di sua madre Ilse è tra le più emozionanti e avvincenti del patrimonio biografico di uomini e donne della Seconda Guerra Mondiale; nata l’11 gennaio 1903 a Witkowitz (oggi Vítkovice v Krkonoších, Repubblica Ceca), nel 1930 Ilse sposò Vilém Weber e con lui si trasferì a Praga ma, a seguito dell’occupazione tedesca nel 1939, affidarono il figlio maggiore Hanuš a un Kindertransport per metterlo in salvo in Gran Bretagna.

Sulla banchina della stazione centrale di Praga, Ilse scrisse su un foglio di blocknotes il canto Abschiedslied per il figlio Hanuš mentre il treno si allontanava; la melodia tocca forte il cuore.
Nel febbraio 1942 Ilse, suo marito e il figlio minore Tomáš (detto Tommy) furono deportati a Theresienstadt; Ilse lavorò nel Campo come infermiera addetta alla sorveglianza infantile e scrisse circa 60 tra poesie e canzoni; nell’ottobre 1944 Ilse seguì con Tommy suo marito a Birkenau, e il 6 ottobre lei e Tommy furono mandati a gasazione con altri ragazzi provenienti da Theresienstadt.

Sopravvissuto e tornato a Praga, Vilém recuperò canti e poesie di Ilse ma nel 1968, durante l’occupazione da parte delle truppe del Patto di Varsavia, un soldato sovietico gli confiscò gran parte del materiale; nel 1974 Vilém lasciò Praga per ricongiungersi finalmente con Hanuš a Stoccolma ma morì di infarto durante lo scalo tecnico all’aeroporto di Copenhagen.
Noto giornalista della radio nazionale svedese, profondo conoscitore del football del Paese scandinavo nonché uomo di grande cultura, negli ultimi tempi Hanuš non amava particolarmente parlare di sua madre; aveva le sue profonde, imperscrutabili ragioni e anche questo è amore filiale.

L’ultima volta che lo incontrai nella sua casa di Solna, dopo pranzo io e Hanuš rimanemmo soli e ancora una volta Hanuš glissava l’argomento. A quel punto, spezzai il ghiaccio con una battuta che circolava ai tempi della Repubblica Socialista Cecoslovacca: “Hanuš, sai cosa dicevano i cecoslovacchi del loro inno nazionale? l’inizio è l’inno dei boemi, il finale è l’inno degli slovacchi mentre l’inno moravo è la pausa tra i due inni”. Finalmente Hanuš si sciolse e rise di gusto, mi parlò di sua madre e suo padre, di come dalla Gran Bretagna fu condotto con altri 150 ragazzi in Svezia (Paese neutrale durante la Guerra) e di ben cinque tentativi dei suoi genitori di raggiungerlo a Stoccolma chiedendone il ricongiungimento familiare; le autorità svedesi, in ossequio alla dichiarata neutralità, respinsero ogni richiesta.
Gli dissi: “Hanuš, sai che a Theresienstadt tua madre scrisse un’altra canzone oltre alle otto già pubblicate? Qualcuno la ricorda ancora in Israele”
“Ne ho sentito parlare – rispose Hanuš – vorrei andare in Israele ma non posso fare lunghi viaggi”
“Lo farò io – risposi – andrò in Israele, cercherò questa persona, ti riporterò la canzone di tua madre”.

Qualche mese dopo a Kyriat Ono incontrai Aviva Bar-On, dolce signora deportata 10enne a Theresienstadt che ricordava benissimo la canzone di Ilse; eseguimmo la canzone a Gerusalemme nel 2018 per i 70 anni dell’Indipendenza dello Stato ebraico e a cantare fu ancora lei, Aviva Bar-On.
Il mio caro amico Hanuš meritava molto, molto di più; nell’arco della sua esistenza ha convissuto con un dolore più grande di lui ma ha saputo gestirlo da Uomo di altri tempi e aver oggi saputo così tardivamente del suo trapasso ci rende tutti un po’ colpevoli.

Eppure, esaurita la scia di una canzone, restano tessuti dell’anima lacerati e infine riparati, cuori riconciliati con la nostra storia più dolorosa, un inspiegabile senso di pace.
Mi piace pensare che Hanuš, andato via da sua madre nel 1939 su un treno partito da Praga, da lei sia tornato su un treno delle ferrovie dei Mondi superiori – dicono che in quei Mondi viaggino meravigliosi treni – e che sulla banchina ci fossero Ilse, Vilém e suo fratello Tommy ad aspettarlo.

Francesco Lotoro

giovedì 21 Marzo 2024

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