La Recensione

“Perfect Blue”, ritorno di un capolavoro

Giuseppe Dibenedetto
Dettaglio dalla locandina originale del film.
Per la prima volta in Italia, arriva al cinema uno dei migliori film d'animazione giapponesi di sempre
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“L’animazione è cinema. L’animazione non è un genere”, diceva qualche anno fa Guillermo del Toro nella notte in cui riceveva l’Oscar al “Miglior film d’animazione” per il suo Pinocchio. In una cultura cinematografica che associa così costantemente l’animazione all’intrattenimento per bambini o ragazzi, quindi, è facile che alcuni film più ambiziosi che fanno dell’animazione il proprio mezzo passino in sordina, riscoperti poi come cult da un gruppo ristretto di cinefili. Ed è quello che è successo a Perfect Blue, capolavoro del regista giapponese Satoshi Kon tratto dal romanzo di Yoshikazu Takeuchi, distribuito per la prima volta in Italia al cinema, dopo essere stato pubblicato nel nostro paese solo per home-video a seguito della sua uscita nelle sale giapponesi nel 1997.
Quello di Kon è un film ossessivo e morboso, sospeso tra una realtà incerta e l’immaginazione fervida della protagonista, la idol Mima Kirigoe, che passa dal mondo della canzone pop a quello del piccolo schermo, scatenando lo sconforto nei suoi fan per poi assistere ad una serie di efferati omicidi che coinvolgono tutti quelli che intacchino l’immagine che si era costruita.
Il mistero che circonda il film, meravigliosamente sospeso e in grado di tenere lo spettatore sempre attento, si fonda su una profonda introspezione psicologica del suo personaggio principale che il regista porta avanti, con temi ricorrenti in tutti I suoi lavori come il fragile confine tra sogno e immaginazione, e la riflessione sulla celebrità, in particolare di quella femminile. La fragilità della psiche della ventunenne Mima viene costantemente in risalto dalle continue inquadrature che la vedono riflettersi in qualche specchio, dai jump-cut che si fanno progressivamente più vorticosi, dagli insistenti primi piani e piani all’americana, da un uso ponderato di colori desaturati su cui il rosso e il blu del titolo dominano simbolicamente incontrastati. Un character design impeccabile, una regia profondamente autoriale ed una sceneggiatura di ferro vengono minati da un’animazione non sempre all’altezza, spigolosa, a tratti molto grezza e statica, ma non priva di dinamismo nelle scene più movimentate.
Perfect Blue si presenta al cinema, insomma, come una lezione su come l’animazione, se adoperata da chi conosce il mezzo, possa portare a picchi estetici di rara intensità, regalando esperienze memorabili e impattanti.

venerdì 26 Aprile 2024

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